Gioco Dunque Sono #3: Musei, Videogiochi e Preservazione digitale

“Gioco Dunque Sono” è una rubrica aperiodica che raccoglie pensieri, ricordi e opinioni di un giocatore sulla trentina ancora oggi ossessionato dai giochini elettronici. Qualcuno potrebbe obiettare che si tratti di una scusa per riempire buchi editoriali con esternazioni o farneticazioni nostalgiche di un vecchio. Ecco, appunto…

Perché i videogiochi dovrebbero essere conservati nei musei?

Circa una settimana fa sono stato a Berlino insieme ai miei amici e colleghi di podcast. Ricordate, #videoludicaberlino no? Bene, non vi racconterò qui le mie impressioni sul Computerspielemuseum perché ci saranno tempi e luoghi per tutto ciò. La dietrologia di quest’articolo nasce da una serie di domande, dubbi che ancor oggi affiorano nella mia mente dopo ogni visita a siffatti luoghi: Perché aprire un museo del videogioco? Anzi no, riformulo la domanda – perché è troppo facile liquidarmi rispondendo con “i videogiochi sono arte” – e vi chiedo: qual’è la finalità di un museo del videogioco? Vedete mi piace pensare che a prescindere dagli scopi legati a un (improbabile) ritorno economico, di reputazione o più semplicemente autocelebrativo – del videogioco piuttosto che delle persone associate all’entità “museo” – ne esista anche uno più puro, un’ideale comune a ogni singola esposizione permanente o temporanea sita in qualsivoglia angolo della terra. C’è e si chiama “preservazione digitale”.

Musei tedeschi che ci piacciono
Il Computerspiele museum è il primo dei musei che sarà da noi visitato

Il progresso tecnologico è il nostro più grande amico e al contempo nemico. Nell’istante in cui avviene una scoperta significativa e rivoluzionaria segue l’inevitabile obsolescenza di tutto ciò che esisteva prima di quest’ultima. Anche per l’hardware e il software ludico. Più passa il tempo maggiore è la probabilità che essi smettano di funzionare per molteplici ragioni (guasti strutturali dei componenti fisici, sistemi operativi/firmware non più supportati, server offline e così via). La preservazione digitale mirerebbe quindi a mantenere intatti e funzionanti sia le piattaforme di gioco che gli stessi videogiochi. E qui sorgono una marea di problematiche. Partiamo dalla documentazione – no, non mi riferisco in prima battuta ai manuali, peraltro oggigiorno in via d’estinzione, di computer, console e videogiochi – bensì a tutti quei testi, diagrammi e progetti che indicano il funzionamento e relativo assemblaggio del prodotto elettronico / digitale finale. Si tratta di materiale riservato e pertanto difficile da reperire anche per i collezionisti con più risorse. Sempre che tale incartamento sia ancora stato conservato da coloro che ne detengono la paternità – e vi ricordo che dagli albori dell’informatica a oggi l’elenco delle società estinte continua ad allungarsi: 3DO, Lucasarts, Ensemble Studios, Pandemic Studios, ecc… – perché senza di esso è (quasi) impossibile comprenderne appieno il funzionamento oppure effettuare il reverse engineering. Se poi volessimo estendere anche i nostri orizzonti verso tutto ciò che documenta un videogioco in tutte le sue fasi della vita dovremmo anche includere bozzetti, concept-art, riviste di videogiochi, guide strategiche e quei fantomatici manuali di istruzioni. Insomma quintali e quintali di carta o yottabyte (2^80 byte) di dati. Il software, i videogiochi, poi nel corso degli anni sono sempre stati memorizzati su supporti fisici (cartucce con memorie-tampone, cassette a nastro, floppy, cd-rom, gd-rom, DVD, mini-DVD, UMD, Blu-ray Disc) che possono usurarsi nel tempo persino conservandole in un caveau. Addirittura tutti i contenuti che nascono oggi in digitale subiscono la stessa sorte non appena vengono rimossi dai server o marketplace (ricordate i titoli della Marvel scomparsi da Steam, PSN e Xbox Live? Oppure quando Telltale ha non reso più disponibile l’acquisto del gioco di Wallace & Gromit in quanto i diritti erano scaduti? E tutti i MMORPG che non hanno più server ufficiali online come City of Heroes/Villains, Phantasy Star Online, Star Wars Galaxies, Warhammer Online: Age of Reckoning, ecc.?). Individuate le problematiche sussistono le soluzioni, purtroppo non sempre attuabili oppure efficaci.

Museo
Nei musei una volta c’erano solo quadri. Abituatevi.

Di sicuro starete pensando a salvare le schermate del gioco o registrare video di gameplay del gioco. Roba di fatto che hanno fatto molti musei e organizzazioni. Vi ricordo però che i videogiochi sono un medium interattivo e quindi mi ritroverei a preservarne soltanto i contenuti a discapito dell’esperienza utente – forse l’aspetto più importante. E vogliamo mettere gli sfondi di plastica intercambiabili a corredo di molte vecchie console come il Magnavox Odissey? O tutti i controller, joystick, joypad, trackball e mouse che di fatto contribuiscono quando si desidera appieno rivivere il momento ludico-storico? Sono abbastanza sicuro che a qualcuno di voi abbia già pensato all’emulazione. Premesso che agendo così viene sempre meno la connotazione storico-archeologica (dopotutto per quanto perfetto sia l’emulatore gira sempre su un sistema differente se non parecchio più potente rispetto all’originale: utilizzare il MAME non è la stessa cosa che giocare con un cabinato da bar così come modificare il Super Nintendo per collegarlo ad uno schermo LCD rovina in parte l’effetto nostalgia). A questo punto subentrano però gli aspetti legali della questione, perché i produttori di hardware e software quando rilasciano i suddetti ne concedono / restringono l’utilizzo su particolari sistemi e in specifici paesi del mondo – tanto più che le leggi in materia di pirateria informatica variano da stato a stato. In teoria se volessi far girare un videogioco su un dispositivo moderno dovrei richiedere l’approvazione del publisher del titolo in questione. Alcuni di essi come Nintendo sono palesemente contrari a questa politica e vi si oppongono applicando la tolleranza-zero. Ma se gli stessi detentori delle proprietà intellettuali, i publisher e le aziende manifatturiere di hardware non fanno nulla per preservare nel tempo il loro patrimonio che senso hanno gli sforzi di KEEP, EFGAMP, del MEGA e del già menzionato Computerspielemuseum?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *