Videogioco: una trasformazione in atto? #1
Videogioco: una trasformazione in atto? – Parte prima –
Il mondo cambia, cambiamo noi, cambiano le abitudini, gli stili di vita e gli strumenti con i quali interagiamo. Tutto cambia, è un dato di fatto.
Partendo da questo presupposto si possono scrivere articoli di ogni genere ma noi restiamo nel nostro stretto campo d’azione: i videogiochi.
Già il termine videogiochi è fuorviante, e non lo dico tanto per dirlo, ma perchè è una verità che solo di recente si inizia ad intravedere, ed ossia che il concetto di videogioco va analizzato nella sua origine concettuale per poi essere esteso, o modificato, secondo quanto ci viene proposto nei giorni nostri.
Agli albori, quando le nostre case inizianavo ad essere invase da giochi elettronici e poi successivamente da videogiochi, ci trovavamo davanti ad un fenomeno nuovo che nella sua limitatezza però divenne icona di se stesso. I videogiochi erano elementari nella loro rappresentazione e quindi l’ingegno, il grande ingegno, stava proprio nell’essere in grado di dare una giocabilità accessibile e allo stesso tempo renderli divertenti. Il resto, cose come storia o trama, erano dei meri elementi di contorno che servivano solo per permettere all’utente degli anni settanta ed ottanta di intravedere con la sua grande fantasia alcuni elementi riconoscibili in quell’ammasso di pixel, spesso, in principio, nemmeno colorati.
Ma, per quanto mi è difficile per natura, cercherò di andare con ordine in merito a questo mio discorso e voglio partire dal termine videogioco. Mi piacerebbe andare a sbirciare nelle varie enciclopedie o vocabolari cosa viene descritto in merito a questo termine però posso solo far riferimento alla wikipedia italiana che dice quanto segue:
Il videogioco è un gioco le cui regole sono gestite automaticamente da un apparecchio elettronico che utilizza un’interfaccia uomo-macchina basata sul display come sistema di output. È detto anche, con inglesismo, videogame, sebbene il termine inglese corretto sia video game. Come qualsiasi gioco, il videogioco può rappresentare oggetti astratti o riprodurre simbolicamente determinati contesti culturali, astraendoli dal loro ambito ed applicandoli a contesti e situazioni che possono andare dalla simulazione più fedele fino alla parodia
Accidenti, messa così probabilmente non è del tutto chiara la faccenda, ossia, si, ma non per tutti, quindi cerchiamo di comprendere e tradurre quanto riportato dalla libera enciclopedia universale via web.
Intanto il gioco è una sorta di comportamento intrinseco e motivato, sempre secondo wikipedia, che coinvolge adulti, bambini e animali a scopo puramente ricreativo. Il gioco di per se, in ogni sua forma e in tutte le manifestazioni, soprattutto quelle competitive, ha delle regole e su questo ci fermiamo e torniamo al concetto di videogioco. Nella definizione di wikipedia infatti si dice che un videogioco è un gioco le cui regole vengono gestite da una macchina che si sostituisce ad un arbitro o alle regole stesse, magari scritte sul manuale di un gioco da tavolo. Tutto questo regolamentare e giocare ovviamente deve avere una sua manifestazione, una sua rappresentazione. Se giochiamo a scopa con un nostro amico vediamo le carte che sono sul tavolo e quelle che noi e il nostro avversario abbiamo calato, pertanto il risultato impicito delle nostre mosse è ben chiaro. Quindi ad un videogioco serve un output che è una “parte” dell’intrfaccia, e non l’interfaccia stessa, come lascia intendere l’enciclopedia. Questo output di solito è un display, uno schermo, un video, un televisore e chi più ne ha più ne metta.
Bene, fino a qui è abbastanza chiaro, ora vediamo di approfondire oltre perché messa così, anche una tavoletta grafica può essere un videogioco perché se la collego ad un sistema di output e ci disegno il reticolo del tris, posso giocare con un mio amico senza sporcare la carta. E’ forse un videogioco?
Quello che vediamo e con il quale interagiamo in un videogioco è una rappresentazione simbolica, a volte astratta e rappresentativa delle funzioni del gioco stesso. Pensate il domino o la dama che ancor più degli scacchi, rappresentano dei simboli o sono la metafora di qualcosa, che può essere un essere umano tanto quanto delle legioni in battaglia. I videogiochi di strategia ad esempio lavorano moltissimo sul simbolismo, molto più che sull’astrazione in quanto un omino vestito da antico romano può rappresentare una legione e l’unione di più omini rappresentare un battaglione o un esercito e via dicendo.
Ora, tutta questa concettualizzazione serve a dirci che questo concetto è assolutamente aderente al termine videogioco e per me va bene, il problema è che resta estremamente generico in modo che possa essere in grado di contemplare una vasta gamma di potenziali categorie o varianti.
Però se io la vedo in modo diverso, ossia che questa definizione sia più legata ad una visione tradizionale del videogioco? PacMan (di cui abbiamo parlato nell’episodio 2×07 di Archeologia Videoludica, tanto per fare un po’ di marchetta) è una rappresentazione di un simbolo, di un personaggio con il quale noi interagiamo per lo svolgimento del gioco basato su delle regole gestite dal cabinato. Calza perfettamente, non vi sembra?
E Nathan Drake? E’ indubbiamente anche lui una rappresentazione, in quanto non è un personaggio vero ma il frutto di una simulazione tridimensionale, però è meno rappresentazione rispetto a PacMan, in quanto è forse più una visualizzazione, la manifestazione di un elemento che tende al fotorealismo. Però insomma quì è un po’ andare a far filosofia sulle suole delle scarpe.
Il problema è che, comunque, agli albori i videogiochi erano rappresentazioni di qualcosa che subiva la nostra interazione grazie alla quale giocavamo secondo le regole dettate dalla macchina. Non importa cosa fosse o se fosse una cosa, importa che questo è un fattore talmente basilare che una definizione altrettanto basilare ci calza a pennello.
Quando i videogiochi sono diventati più grandi sono nati i generi, le tipologie, un discreto numero di differenziazioni che ne determinarono anche i gusti degli utenti e tanto altro ancora. Però, anche nella sua più ampia varietà, il videogioco era sempre un pupazzetto che sparava, saltava, prendeva, colpiva, rimbalzava o altro.
Oggi il mondo del videogioco è completamente diverso, se non per il mondo indie che sta riportando in auge un richiamo forte al primordiale concetto di videogioco, però al di la di questo, quel che vediamo nei nostri schermi è qualcosa di diverso dal passato, profondamente, e non solo per l’ovvia evoluzione grafica, quanto per le maggiori potenzialità che quest’ultima ha portato alla creatività nella fase di sviluppo. Chi è rimasto ancorato a vecchi schemi e chi invece ha provato ad esplorare nuovi orizzonti. Però oggi, a detta degli hardcoregamer il videogioco non è più una sfida, ha perso la sua capacità di avvincere il giocatore e di portarlo al mettersi in gioco.
I critici, i detrattori di questa nuova era di videogiochi sostengono che la fame di denaro della grande industria del videogioco ha portato a produrre giochi sempre più alla portata di tutti e pertanto meglio vendibili allargando il proprio campo d’azione a livello distributivo. Vero, sacrosanto, non lo metto in discussione, ma vi è forse venuto in mente che, non solo questo sia legittimo da parte delle grandi produzioni, ma che in realtà quello che noi vediamo in giro e che ci ostiniamo a chiamare videogioco, in realtà non sia più tale. Non vi è mai venuto in mente che il termine stesso non è più applicabile ai prodotti che vengono venduti oggi? Non pensate che quello che vediamo oggi è il frutto di qualcosa di nuovo al quale dovremo trovargli un’altro nome? Una nuova definizione?