Non esiste più il Multiplayer di una volta

Multiplayer coi bimbiminchia.

Gli hardcore player duri e puri, quelli che amano i giochi in solitario, si mettano l’anima in pace: il videogioco è nato per essere un’esperienza multigiocatore. Le prime macchine da gioco, Magnavox, ColecoTelstar, Atari 2600, erano vendute in bundle con due controllers non perché i produttori avessero delle scorte di magazzino da smaltire o perché fossero tanto magnanimi da fornire un controller di riserva; il videogioco era concepito come una evoluzione del gioco di società e quindi come gioco sociale doveva essere giocato da più giocatori. I primi videogiochi della storia, da OXO a Nim, fino al famosissimo Tennis for two (che come avrà notato il più sagace dei lettori aveva la parola “for two” nel titolo e che quindi a prescindere non poteva essere giocato in singolo), erano per due giocatori punto e basta.

Ovviamente con il progresso tecnologico sono aumentate le potenze di calcolo e le abilità degli sviluppatori e come conseguenza sono nate le prime routine capaci di gestire un’intelligenza virtuale. Lo sviluppo dei giochi single player ha assunto un’importanza via via preponderante fino, addirittura, ad essere favorito rispetto allo sviluppo dei giochi multi player. Ma se si nasce tondi non si può morire quadrati. Il videogioco ha insita la vocazione a far divertire più persone contemporaneamente. Ma così come si è evoluto il concetto di videogioco si è evoluto anche il concetto di multi giocatore, in maniera che definire drastica è un eufemismo. Il multiplayer “antico”, quello che si giocava in periodi in cui la parola rete era solo sinonimo di gol, era concepito per essere giocato da più persone, nella stessa stanza, davanti ad un unico monitor che mostrava le stesse immagini uguali per tutti, con possibilmente un gruppo di amici che tifava per l’uno o per l’altro contendente. Avete presente PONG? Ecco.

Il multiplayer “moderno”, quello che si gioca su macchine sempre online, è concepito per essere giocato da una sola persona, nel buio della propria cameretta, davanti ad un monitor che mostra una porzione del campo di gioco a lui solo visibile, con possibilmente una tazza di caffè nero per reggere la durata della sessione contro estranei di cui neanche si riesce a pronunciare il nickname. Avete presente Call of Duty? Ecco. In mezzo ai due concetti di antico e moderno, ci sono delle tappe intermedie tipo le LAN gli split-screen e i MMORPG, che cito solo per darmi un tono. Adesso, io sarò anche nostalgico, ma a me il concetto moderno di multiplayer moderno fa ribrezzo. Niente potrà togliermi dalla mente la convinzione che, proprio tale concetto, contribuisca ad aumentare la cattiva fama cui godono (si fa per dire) videogiochi e videogiocatori. C’è una strage in una scuola? Sicuramente è colpa di Doom (anche se non si gioca più da eoni). Ma questo perché? Perché l’iconografia del gioco moderno è proprio quella di un alienato con delle cuffie in testa che inveisce giocando online nella solitaria penombra con la faccia imbiancata dal riflesso di un monitor. Brrr… che paura. Ragazzi il multiplayer deve essere una cosa diversa. E’ una cosa diversa.

Multiplayer
Multiplayer oldstyle: lan party senza torta

Mi ricordo (amarcord…) che ai miei tempi il videogioco era vissuto alla stregua di come i nostri nonni vissero i primi televisori/radio. Ovvero tanti amici riuniti insieme per assistere alla nuova meraviglia tecnologica. Non importa che si stesse controllando un ammasso informe di pixel aventi le vaghe fattezze di un calciatore. L’importante era condividere stupore e divertimento. I miei pomeriggi di bambino sono trascorsi con un computer (o una console), tanti amici e tanta Nutella. Se non si era in te o quattro neanche si iniziava a giocare. Tutto era diverso. Più innocente, “giocoso” e “familiare”. Per farvi capire esattamente cosa intendo vi racconterò una delle mie recenti esperienze con il multiplayer moderno facendo un parallelo con il multiplayer che fu. Accendo la 360. Ho voglia di farmi una partitina a Fifa che sono fortissimo. Volete mettere? Io gioco ai giochi di calcio da quando sono stati inventati e sì che mi chiamavano Dino Dini. Perfino la pagina di wikipedia su Emlyn Hughes Soccer per C64 l’ho scritta io (non sto scherzando l’ho scritta io veramente). Organizzo una partita casuale. Per non umiliare troppo il mio malcapitato avversario mi scelgo una squadra di medio/basso rango. L’Inter. Devo giocare contro tale “hjji diov” che sceglie ovviamente il Real Madrid. Puoi prendere anche l’All Star contro di me non si passa. Giusto il tempo di posizionare Zanetti terzino, perché sulla fascia non se la “fida” più e Ranocchia centrale, che sulle palle alte come salta lui non salta nessuno. Croack. Ed inizia la partita. Tutto intorno silenzio. Solo le casse della TV emettono rumore. Ma niente di umano, sono i suoni del videogioco. Un po’ di tristezza già mi assale. Ai tempi del multiplayer “antico” c’era un sottobosco di rumori univoci che accompagnavano il pre-partita. Le sedie che strisciando sul pavimento si avvicinavano al monitor, la lattina di One o One che sbuffando si apriva facendo puntualmente cadere uno schizzo di cola dentro il contenitore dei floppy da cinque ed un quarto, il brusio degli astanti che già organizzavano il match seguente abbozzando una classifica su un pezzo di carta. Un suono umano proveniente dalle cuffiette mi riporta alla realtà. Con voce timida e falsamente impostata emetto un fesso “Do you speak English?”. In risposta ottengo un miscuglio di consonanti incomprensibili nel mezzo delle quali credo di sentire un “fck yu”. La voce sembra giovanissima. Irretito taccio. Ma no che cavolo vado a pensare, non mi avrà mica detto “fuck you”. Che stupido. Avrò capito male. Va bè , allora prendo coraggio e parto con un amichevole “Good luck mate!”. Neanche il tempo di finire la parola “mate” che lui ha già lanciato lungo sulla fascia, cross al centro, incornata perentoria e palla fuori di un soffio. Ranocchia ovviamente piantato a terra all’altezza del dischetto. Stavolta le parole “fuck” e “mother” le capisco al volo. Eh no bello. Le parolacce no. Cazzo. Un secondo flashback, nel senso di ritorno di un ricordo, non nel senso di gioco della Delphine Software, mi assale. L’unica parolaccia che io abbia mai ascoltato durante una sessione di multiplayer antico è stata “ano”. L’ho scolpito nella mente come se fosse ieri. Mio padre, che non disdegnava unirsi a noi giovincelli quando si organizzava un campionato al pluricitato Emlyn Hughes Soccer, ai comandi della Scozia. Il mio fraterno compagno di classe Gianluca ai comandi dell’Italia. Assistevano il sottoscritto, l’amico del palazzo Domenico detto Mimì e  l’altro amico Mimmo detto “marocchino” per via della carnagione scura. Il perché chiamassimo Mimì uno che si chiama Domenico è una cosa che si chiede lui ancora oggi. Forse è perché aveva scoperto che gli piaceva il pesce. Ma bando alle ciance. Gianluca attaccava a spron battuto, ma MacPeppon, come si faceva chiamare mio padre Giuseppe quando giocava con la Scozia, si difendeva. No non me lo sto inventando, è tutto vero. Com’è vero che mio padre, quando non giocava, era una persona normale. Ad un certo punto, l’attaccante italiano Cappelletti (non mi sto inventando neanche questo, tenete presente che l’altro attaccante si chiamava Tortelloni, ragazzi questa è storia…) lascia partire dal vertice dell’area di rigore il classico tiro “sempre gol in diagonale”. MacPeppon già conscio di stare per incassare una rete esclama un “Ahhhh nooooo!!!”. Gianluca invece di esultare scoppia in una risata isterica. “Ano! Il papà di Luca ha detto ano! ANOOOO!!!Ah ah ah”. E tutti gli amichetti ad urlare nella stanza “ANO! ANO! ANOOOO!”. Mio padre rosso in volto ed imbarazzato come non lo avevo mai visto riesce solo a bofonchiare un tenero: “Ma sei proprio uno bello sporcaccione tu…”. E tutto questo mi ritorna in mente, mentre un bimbominchia che neanche conosco mi sta bestemmiando tutti i morti fino alla quarta generazione. La granitica difesa a presepe dell’Inter non riesce ad opporsi al Real Madrid che sta collezionando una impressionante serie di pali e traverse. E ad ogni palo son giù improperi. E rutti. Si perché la bestia dall’altra parte del cavo ethernet oltre che a sprizzare turpiloquio ed odio da tutti i pixel sta anche emettendo suoni che indicano una attività digestiva in corso. Decido di silenziare le cuffie. Se sente mia moglie mi spegne la console e mi manda a letto senza cena. Passi per le offese ai morti ma se mi fai saltare la cena mi incazzo di brutto. Finalmente al 25’ minuto il Real Madrid passa. Uno a zero. Mentre immagino cosa stia uscendo dalla bocca del simpatico avversario sono contento di aver spento le cuffie. E qui arriva il secondo momento tristezza. Essere contenti nel non dover sentire una persona è davvero una cosa mesta. L’interazione tra videogiocatori è elemento essenziale nel multiplayer. La presenza fisica di più giocatori funge da amplificatore esponenziale dell’esperienza videoludica. Come similitudine potete pensare alla differenza che c’è fra un audio mono ed uno stereo. E non vale solo per i titoli che possono essere giocati da più giocatori. Vi suggerisco di provare anche giochi tipicamente single-player con amici accanto. E’ una esperienza unica. I consigli ed i commenti che arriveranno saranno assolutamente improponibili, ma vi divertirete un sacco. E ve lo dice uno che anche per giocare ai simulatori di volo si organizzava con il cugino. Ci disponevamo con le sedie uno dietro l’altro. Avanti il pilota con il joystick ai comandi e dietro il co-pilota con la tastiera ai sistemi d’arma. La cosa bella (o la cosa triste, scegliete voi) e che per immedesimarci indossavamo caschi anti-infortunistici, giubbetto ad alta visibilità, occhiali da sole a bicchieri di plastica a mo’ di mascherina per simulare divisa, casco e respiratore in stile top-gun. Una sorta di cos-playing pezzentissimo. Solo che invece di assomigliare a Tom Cruise sembravamo degli operatori ecologici con problemi di asma. Ma quando si è bambini è permesso tutto. Peccato avessimo diciassette anni a testa. Mi sono di nuovo perso nei ricorsi e la partita nel frattempo  è finita sei a zero. Spengo la console e rifletto. Questo non è multiplayer. Non giocherò mai più on-line a FIFA. D’oggi in poi si gioca alla vecchia maniera. Perché non dimenticatevi che anche i giochi moderni si possono giocare in multiplayer “antico” offline. Solo amici, tutti nella stessa stanza, gomito a gomito. Almeno se parte una bestemmia mi posso difendere fisicamente. Per continuare con l’atmosfera calcistica potremmo dire multiplayer antico uno, multiplayer moderno zero. Palla al centro.

Multiplayer di massa
Multiplayer: Provate a cheattare in questo contesto, se avete coraggio!

Metto via la 360 e collego il Wii. Spinto da una voglia intrinseca di rivincita, inserisco il disco di Mario Kart. Il Wii non ha audio online quindi non mi possono insultare. O meglio, non posso sentire mentre mi stanno insultano. Occhio non vede cuore non duole. Anche se cuore ed occhio qui non c’entrano, al massimo c’entra l’orecchio. E poi io a Mario Kart ci gioco dai tempi del Super Nintendo. E non è mica come prima. Kick-Off e FIFA15 non c’entrano nulla l’uno con l’altro. Mario Kart quello è… lo stesso di 22 anni fa. Mi sento imbattibile. Comunque, per non saper né leggere né scrivere, stavolta decido di andare sul sicuro. Scelgo Mario. Che dovrebbe avere il kart migliore. Non si sa mai. Wow che bello! Gareggio con tanti giocatori contemporaneamente e da ogni parte del mondo. Questo col multiplayer “antico” non lo posso fare… Stai a vedere che la Nintendo mi fa cambiare idea? Pronti partenza via. Trofeo fungo, circuito di Luigi. Dai… pista facile, vinco facile. A tutti riesce la partenza razzo tranne che al sottoscritto. Mamma quanto sono diventato pippa. Correte, che vi ho dato un po’ di vantaggio. Prima curva. Mi preparo ad affrontarla impostando una traiettoria perfetta. Che succede? Vedo tutti di Kart davanti a me tagliare per il prato infilandosi per poi sparire in una scorciatoia. E che cacchio. Sono sempre l’ultimo a sapere le cose. Ma questa è colpa mia, non posso dare nessuna colpa al multiplayer. Continuo la corsa. Sono ultimo. Ma continuo. Mi sto anche divertendo. Sto per raggiungere il penultimo kart. Presto non sarò più fanalino di coda. Il mio kart inizia a volare e finisco a gambe all’aria. Vengo doppiato dal primo in classifica che deve aver presto il power-up stella, perché lampeggia ed è velocissimo. Cavolo che sfortuna. Vabbè. Tenacia e pulsante “2” a manetta, vedrai che ce la facciamo. M’impegno al massimo. Lingua fuori al bordo della bocca. Becco due o tre funghi e sono di nuovo nel vivo della corsa. Il primo è irraggiungibile. Ma un secondo posto posso ancora strapparlo. Il kart alla mia destra improvvisamente scompare per poi ricomparire davanti a me. Lag. Dannazione. La parata di kart che allegramente saltellano ad intermittenza per tutto la schermo dura tutta la gara. Lag massiccio. Mastico amaro (saranno i funghi?) ma continuo. Vengo nuovamente doppiato dal primo. E nuovamente il suo kart lampeggia e manda all’aria avversari come foglie in autunno. Questo qua ha una fortuna con la C maiuscola. A me capitano solo gusci verdi. Al terzo doppiaggio ed al conseguente terzo volo causato sempre dallo stesso tizio, inizio a sentire odore di bruciato. E non è la console. Stessi giocando con la 360 potrei avere dubbi ma sto usando un Wii. E’ puzza di cheater. Che palle. Ma che gusto c’è a vincere barando? Nel multiplayer antico l’unico modo per barare è strappare fisicamente il pad dalle mani dell’avversario e lanciarglielo fuori dalla stanza. Siamo al rettilineo finale. Nonostante tutto sono terzo. Più mi avvicino al traguardo più gli avversari dietro di me si disconnettono. Nooooo. Perché non ammettete la sconfitta? Odio quando fanno così, sono peggio dei cheaters. Ho perso ogni stimolo. Spengo tutto e carico di meraviglie sprofondo nel divano. Ed anche Mario Kart è meglio giocarselo online alla vecchia maniera. Tanto lo fanno vedere anche nella pubblicità, quella col tizio allupato che dà le botte d’anca alla tipa scollacciata pensando a tutto fuorché alla gara. Avrete, quindi, capito da che parte sono schierato. Multiplayer antico tutta la vita. Chiamate gli amici, organizzate sessioni  in compagnia con cena annessa, strappate i vostri cavi ethernet e godetevi il videogioco in compagnia. Non starete solo videogiocando, starete aumentando la qualità della vostra vita dando un valore al vostro tempo. Poi de gustibus… Se a voi piace farvi insultare in tutte le lingue del mondo da un cheater che si disconnetterà al primo accenno di malaparata, fate pure.

Ma io vi ho avvisato.

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